Made in Monviso
I Comuni della Valle
Itinerari escursionistici ad Oncino
1. ALPE TARTAREA
Partenza: meire Bigorie
Tempo di percorrenza: 1h30’ circa
Dislivello: 464 mt.
Attraversato il corso d’acqua Bulé sul caratteristico ponte in pietra realizzato ai primi del ‘900, si raggiungono le meire Bigorie. Le abitazioni, sparse un po’ ovunque, sono state da sempre sfruttate come insediamento estivo; tale destinazione d’uso è tuttora praticata dai malgari proprietari delle case che qui risalgono ogni anno con il loro bestiame per il pascolo estivo. Oltrepassato l’appena citato ponte s’incontra, sul bordo della strada, una caratteristica fontana in pietra che raccoglie e distribuisce l’acqua captata dalla sorgente ubicata più a monte e denominataFountano ‘d lei Rëvooutà; a destra di essa un pianoro erboso denominato Chò ‘d la Bello. Proprio dalla fontana prende l’avvio la caratteristica passeggiata che, senza difficoltà, conduce all’Alpe Tartarea (quota mt. 1958) attraverso la carrozzabile realizzata per uso alpeggio e riservata ai malgari che normalmente effettuano la monticazione di numerosi capi bovini e ovini. S’imbocca quindi la strada sterrata in direzione sud che guadagna quota con alcuni tornanti, attraversando i pascoli denominati Chò di Murét e Chò ‘d Peiro, dove in tempi remoti esisteva un forno utilizzato dai valdesi che occupavano queste terre. Seguendo la carrozzabile si arriva sul fondo del vallone denominato Chò Lonc bagnato dal rioChoouzìl, che ha origine in parte anche dal lago di Tartarea. Sulla destra le pendici della conca sono caratterizzate da paretine rocciose tra le quali spiccano cespi di rododendro che colorano la montagna di tinte violacee durante il mese di giugno. I prati a lato, che producono erbe odorose di ottima qualità, sono pascolati da bovini, il cui latte regala un alto valore nutritivo e un gusto caratteristico e naturale. Valicato il rio Choouzìl, la strada riprende a salire e attraversa la dorsale sotto il Bric Mountour, con bella veduta sulla sottostante conca delle meire Bigorie e del più lontano Oncino. Si prosegue rientrando nel vallone di Cervetto e si raggiunge l’alpe Tartaréo (Tartarea – mt. 1958 – 1h e 30’), caratterizzata dalla presenza di un edificio ad uso del malgaro, situato vicino ai vecchi ruderi denominati Tsabotte ‘d Tartaréo. Alle spalle del fabbricato un canalone pietroso consente l’accesso al lago di Tartarea (mt. 2225) raggiungibile in 45’. Seguendo invece la mulattiera che si dirige verso sud-est dapprima in leggera discesa, si raggiunge il colle di Cervetto 2.251 mt. (45’) che segna il confine con la valle Varaita.
2. COLLE CERVETTO
Partenza: Meire Bigorie 1498 mt.
Tempo di percorrenza: 2h15’ circa
Dislivello: 753 mt.
Difficoltà: escursionistica
Il colle di Cervetto, come il colle di Luca, è punto di incontro dei sentieri provenienti dalle due valli laterali (Becetto in valle Varaita e Oncino in valle Po); dal colle un sentiero (U.3) scende a Becetto di Sampeyre mentre un altro corre lungo lo spartiacque Po-Varaita, collegando la Testa di Garitta Nuova (sent. U.5) con la Cima di Crosa ed il colle di Luca (sent. U.31). Dal colle è consigliabile salire una delle cime che lo fiancheggiano per ampliare il già notevole panorama.
Dalle Bigorie ci si inoltra, in direzione sud, sulla strada sterrata che guadagna quota con alcuni tornanti e si porta sul fondo del vallone denominato Chò Lonc.
Oltrepassato il Choouzìl, la strada riprende a salire e attraversa la dorsale sotto il Bric Mountour, con bella veduta sulla sottostante conca delle meire Bigorie e del più lontano Oncino. Da qui si possono ammirare verso sinistra Testo Rousso (nota agli escursionisti come punta Rasciassa), le sottostanti coste erbose un tempo destinate al pascolo ovino e la cresta spartiacque che delimita il vallone, a destra le distese di pascoli che hanno origine da Testa di Cervetto. Continuando si rientra quindi nel vallone di Cervetto e si raggiunge l’Alpe Tartarea. Da questo punto ci si dirige verso la mulattiera in direzione S-E. Dopo circa 10-15 minuti di cammino, il sentiero si sdoppia: si lasciano a sinistra le tracce che conducono ai pascoli dell’altro versante del vallone e si prosegue in mezzo ai vouroù(ontanelli). Ad un certo punto, dopo altri 15’, alla sinistra del sentiero (a circa 25 m) si nota un grosso masso (mt. 2.066) di forma regolare. Lo stesso è ben identificabile anche a notevole distanza e per questo rappresenta un buon punto di riferimento. Il masso, denominato Peiro Piato o Peiroun, è testimone di un armistizio sottoscritto nel passato. Il sentiero continua con ripide serpentine e dopo una rampa di detriti giunge al Colle di Cervetto 2.251 mt. (45’) che segna il confine con la valle Varaita. Dal valico si gode di una splendida veduta panoramica sul massiccio del Viso e sulla media e bassa valle Varaita: lontane si riconoscono infine le principali vette delle Alpi Marittime.
Questo colle ha rappresentato per intere generazioni di Oncino e della Valle Varaita (Sampeyre) un passaggio obbligato per scambi commerciali e partecipazione alle rispettive fiere, feste religiose e pellegrinaggi (santuario di Valmala e santuario di San Chiaffredo).
3. COLLE DI LUCA – PUNTA RASCIASSA
Partenza: meire Bigorie
Tempo di percorrenza: 3h15’ – 3h45’ circa
Dislivello: 1166 mt.
Difficoltà: escursionistica
Si parte dalle meire Bigorie. Appena oltrepassato il caratteristico ponte ad arco in pietra gettato sul rio Bulé, che segna il confine tra Bigorie e Bigouriëtte, si imbocca la stradina sterrata a destra che va seguita nel suo tortuoso andamento fino alla prima diramazione nuovamente a destra. Da questo punto si notano due case ben ristrutturate che mantengono le caratteristiche del tempo e che in passato erano meire. Oltrepassati questi edifici e lasciata a destra una recente costruzione in cemento per l’acquedotto, ci si affaccia, proseguendo diritto, su una grande comba pascoliva denominata Piainé adibita al meriggio delle mandrie. Continuando in direzione ovest, cercando di ripercorrere le piste del bestiame, si attraversano la comba e i vari valloncelli che la solcano trasversalmente, con un percorso circa a mezz’altezza e quasi parallelo al rio Bulé, talvolta reso difficoltoso dalla sempre più fitta presenza di vouroù (ontanello montano). Il sentiero si fa nuovamente pianeggiante verso il rio che va attraversato su pietre (mt. 1700) poco prima di toccare la base della vistosa roccia biancastra che incombe da sinistra. La mancanza di una passerella in legno posta trasversalmente al corso d’acqua rende praticamente impossibile il guado in caso di acqua abbondante. Al di là del Bulé ci si trova in una zona ricca di sorgenti denominata Fountanil e contraddistinta da tre grosse pozze. Oltre un grande masso isolato si raggiunge una protuberanza erbosa e nei pressi si individua un sentiero che con tortuosi tornanti si inerpica verso ovest fino all’inizio di un ondulato ripiano. Su tratto quasi pianeggiante, il sentiero (mt. 1770) si unisce alla grossa mulattiera proveniente da Croce Bulé (mt. 1811) visibile alla nostra destra, e prosegue in direzione sud lungo il corso del rio Bulé fino ad attraversarlo a quota 1774. Al di là del ponticello, il sentiero si sviluppa dapprima su un falsopiano, poi attraversa lambendole le Tampe Basse ‘d la Baiso e lascia sulla sua destra la zona (che scende fino al torrente) conosciuta come Laouze Bianque. Il tracciato inizia a salire con una serie di tornanti andando a raggiungere in circa 20’ un ripiano verde, quindi si avvicina alla ripida zona rocciosa denominata Group nella quale guadagna quota con tornanti ben costruiti tra i massi, con pietre meticolosamente sistemate. Dopo un piano (Pian ‘d l’Arp – mt. 2014) nel quale il rio scorre pigramente, tra sorgenti freschissime, il sentiero riprende a salire a fianco del corso d’acqua che concede allegre cascatelle, fino a raggiungere così il fabbricato dell’Alpe Bulé (mt. 2061). Lasciato a destra il pianoro, il sentiero si inerpica più ripido, sempre affiancato al rio, quindi lo abbandona in corrispondenza della diramazione (mt. 2130) che sulla destra sale ai laghi Bulé. Ometti di pietra segnalano il tracciato che si eleva con ripidi tornanti fino a vedere sulla destra il maggiore dei laghi Bulé e in alto a sinistra la croce di punta Rasciassa. Restano pochi tornanti per raggiungere il Colle di Luca (mt. 2347 – 1h dall’Alpe Bulé), spartiacque Po-Varaita: qui giungono i sentieri provenienti dal Colle Cervetto (U31), dalla valle Varaita (U4) e dal rifugio Q. Sella (V27) attraverso il passo Gallarino. Per proseguire in vetta a Punta Rasciassa, si segue per un tratto il sentiero U31 in direzione est e abbandonatolo si rimonta verso N-E il pendio di detriti composto da rocce e zolle erbose, mantenendosi a destra di un appariscente masso. Attraversata una conca si riprende a salire in direzione della vetta superando in ultimo un pendio un po’ più ripido (30’). Ecco quindi la vetta della maestosa Punta Rasciassa, la quale offre belle visuali in tutte le direzioni. La Croce presente è stata collocata e benedetta da don Luigi Destre il 25 giugno 2004, quasi a trent’anni di distanza da quel lontano 21 giugno 1975, quando un gruppo di volontari posero su questa cima una croce in legno di tre metri di altezza trasportando a spalle l’occorrente per il fissaggio.
4. La Viroulh – La Vio ‘d la Mounto
Viroulh era anche denominata Vio ‘d la Mounto in quanto utilizzata fino agli anni ’60 per la transumanza, per recarsi agli insediamenti estivi di Bounét, Adrèts, Sanhére, Bigorie e alle alpi pascolive di Tartaréo.
Si parte in prossimità del forno della borgata Ruét (Ruetto), costruito nel 1930 dalle famiglie Pessi e Manìnou. Nei primi decenni del 1900 vivevano in questa borgata 9 famiglie (50 persone circa), ma a poco a poco, come tante altre borgate di montagna, subì progressivamente lo spopolamento: nel 1975 i residenti effettivi erano 9, mentre attualmente è disabitata per la maggior parte dell’anno.
Dopo i primi passi si attraversa il rio Daina da cui traevano origine le bealere che alimentavano la vicina borgata San Ghilherme; dopo circa 20’ ci si trova di fronte ad un bivio: si possono imboccare ambedue i sentieri, in quanto riconducono poi allo stesso punto.
5. La Vio ‘d lei Béoule
Partenza: meire Vigorie
Tempo di percorrenza: 2h circa
Veniva così denominata la strada che dalle Bigorie conduce al rio Bulé e da lì alla borgata Narlonc. Questo collegamento venne utilizzato fino agli anni ’60, quando gli agglomerati più a valle erano abitati e non esisteva ancora la carrozzabile.
Si parte dalle Bigorie, in prossimità del pilone dedicato a San Giovanni Battista costruito nel 1990. Il luogo, denominato Briquét in probabile virtù della sua posizione emergente, è stato fino agli anni ’50 il punto di incontro convenuto da quanti si dedicavano alla vendita delle viole raccolte sulle alture circostanti. Le donne oncinesi, con il loro raccolto di viole depositate in sacchi di iuta, attendevano qui l’arrivo dell’acquirente che, concluso l’affare, caricava sul dorso del mulo i preziosi e profumatissimi carichi per il trasporto a valle.
Si inizia la discesa in direzione nord imboccando la via lungo la quale, per il primo tratto fino agli anni ’40 scorreva la bialhéro del Chò ‘d la Bello utilizzata per alimentare le famiglie quassù dimoranti nella stagione estiva. Dopo l’ultimo gruppetto di case che segna la fine delle meire Bigorie, il sentiero aumenta la pendenza e attraversa il primo tratto di bosco denominato Carousinfra faggi, frassini, aceri, maggiociondoli, sorbi, ma soprattutto béoule (betulle). Potrebbe essere questa particolare presenza vegetativa che ha dato il nome all’omonima via. Dopo pochi minuti di cammino si raggiunge un piccolo agglomerato di case ora diroccate, con un pianoro circostante denominato Chot ‘d Ricchou (soprannome di un proprietario). Siamo sullo spartiacque che affiora tra i due torrenti Cervetto e Bulé (rispettivamente alla destra e alla sinistra orografica), all’altitudine di m. 1472 s.l.m. Dopo un tratto di ripida discesa si svolta a sinistra in direzione est e alzando lo sguardo, nelle stagioni autunnale, primaverile o invernale, si nota il Piloun ‘d la Crou ‘d Narlonc con alle spalle il Monviso. Si giunge quindi in prossimità del Bulé che si attraversa con prudenza su alcuni tronchi allineati nei pressi del grande masso denominato Rotsso dë la Piantso. Si prosegue sul tracciato che, da questo punto in poi, prende il nome anche di Vio ‘d lei Cazotte. Salendo in diagonale al pendio, in direzione nord, dopo aver attraversato appezzamenti di terreno curati fino agli anni ’50 nei minimi particolari, si giunge a Narlonc, borgata disposta in cresta allo spartiacque ad un’altitudine di 1377 m. s.l.m., che ospitava fino alla prima metà del 1900 ben 17 famiglie. Questa borgata molto probabilmente era capoluogo prima dell’attuale capoluogo di Oncino (Vilo) che lo divenne solo dopo il Marchesato di Saluzzo.
Si lascia la borgata e senza proseguire sulla strada sterrata s’imbocca la via che, percorrendo in discesa la cresta, si dirige verso altri insediamenti. Intanto si può godere di buona vista sul fondovalle e su numerose altre borgate di Oncino. Si giunge quindi a Cò di Sere (i cui abitanti avevano cognome Serre): da ciò si suppone derivi il nome della borgata.
Si riprende la discesa per raggiungere la strada carrozzabile sterrata che conduce, svoltando a sinistra, al vecchio mulino denominato lou Moulin dal Parcou. Si tratta di un tipico mulino ad acqua attivo fino al 1961, gestito da Pietro Allisio (Pietrou dal Parcou) che nel 1932/33 sostituì la vecchia ruota in legno con una in ferro, il cui movimento veniva indotto dall’acqua prelevata dal rio Bulé, in prossimità del Pont dal Gà (a monte delle Bigorie) attraverso un canale denominato la bialhéro dal moulin. Si segue ora la carrozzabile in direzione nord passando davanti al Piloùn dë lei Bialheirà, il pilone votivo costruito nel 1905 e dedicato alla Madonna Addolorata. Lo stesso è tuttora meta delle annuali processioni che precedono alcune feste religiose. Dopo il pilone si svolta subito a sinistra in direzione sud (in leggera salita), per imboccare la Vio ‘d Narlonc, sentiero ombreggiato da piante di alto fusto disposte sui bordi della vio quasi a formare un viale. Il sentiero, più in salita, abbandona le curve e obbliga il passaggio davanti al primo pilone votivo dedicato alla Madonna. Dopo un breve tratto, lasciando sulla destra anche il secondo pilone, dedicato a San Giuseppe (con all’interno la statua del santo) e costruito da Allisio Giuseppe (Bigat) nell’anno 1903, si giunge a Bigat. Proseguendo sul sentiero leggermente in discesa, si nota a sinistra, oltre la vegetazione, l’agglomerato Cò di Sere oltrepassato poco prima. Ci s’imbatte quindi in un terzo pilone con all’interno la statua della Madonna fatto costruire da Aimar Andrea (Baròt). Oltrepassate le case si presenta un pianoro, lhi Chòt, attraversando il quale si notano a destra, sopra la strada carrozzabile, due agglomerati: Pëtòou e Canavoù. Seguendo la strada sterrata carrozzabile, per il tratto la Meiro –Narlonc tracciata sul vecchio sentiero, si valica la Bialhéro dal Moulin e si ritorna a Narlonc. Qui, senza più entrare nella borgata, s’imbocca sulla destra la ripida via (tratto denominato la Rabiéro) che prosegue in direzione ovest. Caratteristico l’affresco di San Martino datato 1888, che si può osservare salendo, dipinto sul muro di una casa sulla sinistra. La salita si fa più marcata nei pressi dell’ultima casa della borgata chiamata la Meizoun dal Bullou; poco oltre incomincia ad allargarsi la vista sulla cresta del Viso. Si esce così allo scoperto dalla vegetazione per giungere alla Croù ‘d Narlonc, luogo riconoscibile per la presenza di un pilone che presenta tre facciate raffiguranti, quella centrale la Sacra Famiglia, San Bernardo e Sant’Antonio le altre due. Questo era il luogo in cui parte degli abitanti delle borgate a valle si trasferivano per trascorrere l’estate con il loro bestiame, occupando le meire circostanti. Proseguendo si raggiungono così le Bigouriëtte immettendosi sulla strada carrozzabile. Valicato infine il Bulé si raggiunge il pianoro chiamato Chò ‘d la Bello, dove si trova la fontana e si ritorna così al punto di partenza.
6. La Vio n’d la Vaçouzo
Partenza: meire Bigorie
Tempo di percorrenza: 1h30’ (andata e ritorno)
Veniva così denominato il tratto che collega le Bigorie con le Meire di Piairi attraversando il Chò ‘d la Vaçouzo, un pianoro che conserva tuttora le sue caratteristiche di pascolo seppur contornato dal bosco. Partendo dalle Bigorie appunto, si valica il rio Cervetto passando sulla piantso ‘d Tsarvét(posizionata pressappoco all’altezza della struttura per lo sci di fondo) e ci si avvia in direzione nord-est fino ad attraversare il Chò ‘d Tsarvét. Il sentiero, segnato da tacche rosse sulle pietre, prosegue in quello che adesso si presenta come bosco, ma che fino a 40 anni fa era completamente pascolo. Dopo circa 10 min. si raggiunge la Meizoun dë Bénédét e si continua ai piedi della Casso dë lh’Aiçërédove un tempo non si riscontravano arbusti e alberi di alto fusto, ma solamente aiçe (mirtilli) erateizin (rododendri).
Continuando su questo saliscendi che si sviluppa parallelamente al rio Cervetto, si incrocia il percorso della bialhéro che prelevava l’acqua dal rio Cervetto in prossimità di Rotsso Schapà, per alimentare le Meire di Tamparot e le Meire di Piairi. Da questo punto in poi la vio ricalca appunto la suddetta bialhéro. Quando si giunge allo scoperto della vegetazione si attraversa il Chò dë la Vaçouzo (pianoro che ha dato il nome alla via).
Dopo circa 50 min. dalla partenza, si notano alla sinistra alcuni ruderi: sono le Meire Tamparot, insediamenti estivi che ospitavano gli abitanti del Serre con i loro armenti. Quindi si raggiungono leMeire di Piairi.
7. DA ONCINO ALLE CASE DACANT, ALLA CROCE BULE’ ED AL RIFUGIO ALPETTO
Partenza: Oncino
Tempo di percorrenza: 3h45’
Da Oncino (mt. 1220) ci si porta alla b.ta Rietto (mt. 1280 – km 1,3) sulla strada delle meire Bigorie, quindi si sale verso destra con la ripida stretta strada che tocca la casa Lunga (mt. 1340) e con tornanti nel bosco va alla Barma Fredda (mt. 1533) terminando alle case Dacant (mt. 1641, 1h10’ da Ruetto, 1h30’ da Oncino). Tutta questa parte dell’itinerario può essere compiuta con idoneo automezzo. A monte degli edifici si rintraccia l’ampia mulattiera (tacche bianco-rosse del segnavia GTA) che si eleva lungo la cresta del crinale sin verso quota mt. 1750 per tagliare poi con un traversone sulla destra che raggiunge Croce Bulè (mt. 1811, 0h30’ dalle case Dacant) e la sella attraverso la quale ci si affaccia sul vallone percorso dall’omonimo rio Bulè. Oltrepassata la sella, il sentiero subito si sdoppia: si trascura il ramo di sinistra (che porta al Colle di Luca) per seguire il minore sentiero che taglia pressoché pianeggiante le ripide pendici del rilievo quotato mt. 1879 ed esce verso ponente, in una ventina di minuti, su una nuova ed ampia insellatura (mt. 1850). Proseguendo lungo il sentiero, ci si avvicina al guado del rio Alpetto predisposto presso uno dei grandi massi ai piedi della cascata. Al di là del guado, abbondanti tacche rosse guidano lungo una traccia che volge a destra. Poco dopo riappare il sentiero che inizia una serie di tornanti sul ripido pendio mentre lentamente volge verso sinistra con un ampio semicerchio portandosi alla case delle rocche che formano il gruppo dell’Alpetto. Si prosegue sulla sinistra alla base delle pareti rocciose, per un breve tratto in leggera discesa, quindi si riprende la salita volgendo decisamente a sud. Il sentiero tocca il bordo della forra e riprende a salire con erti tornanti in un verde pallonetto tra ripidi affioramenti rocciosi. A destra incombe una parete tagliata, a sinistra altri denti rocciosi sembrano impedire il passo che invece procede spedito sino a quota mt. 2160 quando il sentiero esce sulla sinistra affacciandosi ad una splendida conca verde, al cospetto della vetta del Monviso. Dopo pochi minuti il sentiero transita presso la copiosa Fonte degli Usseri e si eleva quindi su un risalto dove si unisce ad un altro sentiero che scende da destra. Poco dopo si scavalca il rio Alpetto su un ponticello di nere lose e piegando bruscamente a sinistra si sale sul rilievo che ospita le antiche case dell’Alpetto (mt. 2268, 2h20’ dalle case Dacant, 3h45’ da Oncino). L’ultimo edificio costituisce il ricovero dell’Alpetto […].
Quest’ultimo testo è tratto da Centosentieri – La Valle Po, edizioni L’Arciere (1981)