1. ALPE TARTAREA
Partenza: meire Bigorie
Tempo di percorrenza: 1h30’ circa
Dislivello: 464 mt.
2. COLLE CERVETTO
Partenza: Meire Bigorie 1498 mt.
Tempo di percorrenza: 2h15’ circa
Dislivello: 753 mt.
Difficoltà: escursionistica
3. COLLE DI LUCA – PUNTA RASCIASSA
Partenza: meire Bigorie
Tempo di percorrenza: 3h15’ – 3h45’ circa
Dislivello: 1166 mt.
Difficoltà: escursionistica
4. La Viroulh – La Vio ‘d la Mounto
5. La Vio ‘d lei Béoule
Partenza: meire Bigorie
Tempo di percorrenza: 2h circa
6. La Vio n’d la Vaçouzo
Partenza: meire Bigorie
Tempo di percorrenza: 1h30’ (andata e ritorno)
7. DA ONCINO ALLE CASE DACANT,
ALLA CROCE BULÉ ED AL RIFUGIO ALPETTO
Partenza: Oncino
Tempo di percorrenza: 3h45’
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1. ALPE TARTAREA
Partenza: meire Bigorie
Tempo di percorrenza: 1h30’ circa
Dislivello: 464 mt.
Attraversato il corso d’acqua Bulé sul caratteristico ponte in pietra realizzato ai primi del ‘900, si raggiungono le meire Bigorie. Le abitazioni, sparse un po’ ovunque, sono state da sempre sfruttate come insediamento estivo; tale destinazione d’uso è tuttora praticata dai malgari proprietari delle case che qui risalgono ogni anno con il loro bestiame per il pascolo estivo. Oltrepassato l’appena citato ponte s’incontra, sul bordo della strada, una caratteristica fontana in pietra che raccoglie e distribuisce l’acqua captata dalla sorgente ubicata più a monte e denominata
Fountano ‘d lei Rëvooutà; a destra di essa un pianoro erboso denominato
Chò ‘d la Bello. Proprio dalla fontana prende l’avvio la caratteristica passeggiata che, senza difficoltà, conduce all’Alpe Tartarea (quota mt. 1958) attraverso la carrozzabile realizzata per uso alpeggio e riservata ai malgari che normalmente effettuano la monticazione di numerosi capi bovini e ovini. S’imbocca quindi la strada sterrata in direzione sud che guadagna quota con alcuni tornanti, attraversando i pascoli denominati
Chò di Murét e Chò ‘d Peiro, dove in tempi remoti esisteva un forno utilizzato dai valdesi che occupavano queste terre. Seguendo la carrozzabile si arriva sul fondo del vallone denominato
Chò Lonc bagnato dal rio Choouzìl, che ha origine in parte anche dal lago di Tartarea. Sulla destra le pendici della conca sono caratterizzate da paretine rocciose tra le quali spiccano cespi di rododendro che colorano la montagna di tinte violacee durante il mese di giugno. I prati a lato, che producono erbe odorose di ottima qualità, sono pascolati da bovini, il cui latte regala un alto valore nutritivo e un gusto caratteristico e naturale. Valicato il rio
Choouzìl, la strada riprende a salire e attraversa la dorsale sotto il
Bric Mountour, con bella veduta sulla sottostante conca delle meire Bigorie e del più lontano Oncino. Si prosegue rientrando nel vallone di Cervetto e si raggiunge l’alpe Tartaréo (Tartarea - mt. 1958 - 1h e 30’), caratterizzata dalla presenza di un edificio ad uso del malgaro, situato vicino ai vecchi ruderi denominati
Tsabotte ‘d Tartaréo. Alle spalle del fabbricato un canalone pietroso consente l’accesso al lago di Tartarea (mt. 2225) raggiungibile in 45’. Seguendo invece la mulattiera che si dirige verso sud-est dapprima in leggera discesa, si raggiunge il colle di Cervetto 2.251 mt. (45’) che segna il confine con la valle Varaita.
2. COLLE CERVETTO
Partenza: Meire Bigorie 1498 mt.
Tempo di percorrenza: 2h15’ circa
Dislivello: 753 mt.
Difficoltà: escursionistica
Il colle di Cervetto, come il colle di Luca, è punto di
incontro dei sentieri provenienti dalle due valli laterali (Becetto
in valle Varaita e Oncino in valle Po); dal colle un sentiero (U.3)
scende a Becetto di Sampeyre mentre un altro corre lungo lo
spartiacque Po-Varaita, collegando la Testa di Garitta Nuova (sent.
U.5) con la Cima di Crosa ed il colle di Luca (sent. U.31). Dal
colle è consigliabile salire una delle cime che lo fiancheggiano per
ampliare il già notevole panorama.
Dalle Bigorie ci si inoltra, in direzione sud, sulla strada sterrata
che guadagna quota con alcuni tornanti e si porta sul fondo del
vallone denominato Chò Lonc.
Oltrepassato il Choouzìl, la strada riprende a salire e
attraversa la dorsale sotto il Bric Mountour, con bella
veduta sulla sottostante conca delle meire Bigorie e del più lontano
Oncino. Da qui si possono ammirare verso sinistra Testo Rousso
(nota agli escursionisti come punta Rasciassa), le sottostanti coste
erbose un tempo destinate al pascolo ovino e la cresta spartiacque
che delimita il vallone, a destra le distese di pascoli che hanno
origine da Testa di Cervetto. Continuando si rientra quindi nel
vallone di Cervetto e si raggiunge l’Alpe Tartarea. Da questo punto
ci si dirige verso la mulattiera in direzione S-E. Dopo circa 10-15
minuti di cammino, il sentiero si sdoppia: si lasciano a sinistra le
tracce che conducono ai pascoli dell’altro versante del vallone e si
prosegue in mezzo ai vouroù (ontanelli). Ad un certo punto,
dopo altri 15’, alla sinistra del sentiero (a circa 25 m) si nota un
grosso masso (mt. 2.066) di forma regolare. Lo stesso è ben
identificabile anche a notevole distanza e per questo rappresenta un
buon punto di riferimento. Il masso, denominato Peiro Piato
o Peiroun, è testimone di un armistizio sottoscritto nel
passato. Il sentiero continua con ripide serpentine e dopo una rampa
di detriti giunge al Colle di Cervetto 2.251 mt. (45’) che segna il
confine con la valle Varaita. Dal valico si gode di una splendida
veduta panoramica sul massiccio del Viso e sulla media e bassa valle
Varaita: lontane si riconoscono infine le principali vette delle
Alpi Marittime.
Questo colle ha rappresentato per intere generazioni di Oncino e
della Valle Varaita (Sampeyre) un passaggio obbligato per scambi
commerciali e partecipazione alle rispettive fiere, feste religiose
e pellegrinaggi (santuario di Valmala e santuario di San
Chiaffredo).
3. COLLE DI LUCA – PUNTA RASCIASSA
Partenza: meire Bigorie
Tempo di percorrenza: 3h15’ – 3h45’ circa
Dislivello: 1166 mt.
Difficoltà: escursionistica
Si
parte dalle meire Bigorie. Appena oltrepassato il caratteristico
ponte ad arco in pietra gettato sul rio Bulé, che segna il confine
tra Bigorie e Bigouriëtte, si imbocca la stradina sterrata a destra
che va seguita nel suo tortuoso andamento fino alla prima
diramazione nuovamente a destra. Da questo punto si notano due case
ben ristrutturate che mantengono le caratteristiche del tempo e che
in passato erano meire. Oltrepassati questi edifici e
lasciata a destra una recente costruzione in cemento per
l’acquedotto, ci si affaccia, proseguendo diritto, su una grande
comba pascoliva denominata Piainé adibita al meriggio delle
mandrie. Continuando in direzione ovest, cercando di ripercorrere le
piste del bestiame, si attraversano la comba e i vari
valloncelli che la solcano trasversalmente, con un percorso circa a
mezz’altezza e quasi parallelo al rio Bulé, talvolta reso
difficoltoso dalla sempre più fitta presenza di vouroù
(ontanello montano). Il sentiero si fa nuovamente pianeggiante verso
il rio che va attraversato su pietre (mt. 1700) poco prima di
toccare la base della vistosa roccia biancastra che incombe da
sinistra. La mancanza di una passerella in legno posta
trasversalmente al corso d’acqua rende praticamente impossibile il
guado in caso di acqua abbondante. Al di là del Bulé ci si trova in
una zona ricca di sorgenti denominata Fountanil e
contraddistinta da tre grosse pozze. Oltre un grande masso isolato
si raggiunge una protuberanza erbosa e nei pressi si individua un
sentiero che con tortuosi tornanti si inerpica verso ovest fino
all’inizio di un ondulato ripiano. Su tratto quasi pianeggiante, il
sentiero (mt. 1770) si unisce alla grossa mulattiera proveniente da
Croce Bulé (mt. 1811) visibile alla nostra destra, e prosegue in
direzione sud lungo il corso del rio Bulé fino ad attraversarlo a
quota 1774. Al di là del ponticello, il sentiero si sviluppa
dapprima su un falsopiano, poi attraversa lambendole le Tampe
Basse ‘d la Baiso e lascia sulla sua destra la zona (che scende
fino al torrente) conosciuta come Laouze Bianque. Il
tracciato inizia a salire con una serie di tornanti andando a
raggiungere in circa 20’ un ripiano verde, quindi si avvicina alla
ripida zona rocciosa denominata Group nella quale guadagna
quota con tornanti ben costruiti tra i massi, con pietre
meticolosamente sistemate. Dopo un piano (Pian ‘d l’Arp -
mt. 2014) nel quale il rio scorre pigramente, tra sorgenti
freschissime, il sentiero riprende a salire a fianco del corso
d’acqua che concede allegre cascatelle, fino a raggiungere così il
fabbricato dell’Alpe Bulé (mt. 2061). Lasciato a destra il pianoro,
il sentiero si inerpica più ripido, sempre affiancato al rio, quindi
lo abbandona in corrispondenza della diramazione (mt. 2130) che
sulla destra sale ai laghi Bulé. Ometti di pietra segnalano il
tracciato che si eleva con ripidi tornanti fino a vedere sulla
destra il maggiore dei laghi Bulé e in alto a sinistra la croce di
punta Rasciassa. Restano pochi tornanti per raggiungere il Colle di
Luca (mt. 2347 - 1h dall’Alpe Bulé), spartiacque Po-Varaita: qui
giungono i sentieri provenienti dal Colle Cervetto (U31), dalla
valle Varaita (U4) e dal rifugio Q. Sella (V27) attraverso il passo
Gallarino. Per proseguire in vetta a Punta Rasciassa, si segue per
un tratto il sentiero U31 in direzione est e abbandonatolo si
rimonta verso N-E il pendio di detriti composto da rocce e zolle
erbose, mantenendosi a destra di un appariscente masso. Attraversata
una conca si riprende a salire in direzione della vetta superando in
ultimo un pendio un po’ più ripido (30’). Ecco quindi la vetta della
maestosa Punta Rasciassa, la quale offre belle visuali in tutte le
direzioni. La Croce presente è stata collocata e benedetta da don
Luigi Destre il 25 giugno 2004, quasi a trent’anni di distanza da
quel lontano 21 giugno 1975, quando un gruppo di volontari posero su
questa cima una croce in legno di tre metri di altezza trasportando
a spalle l’occorrente per il fissaggio.
4. La Viroulh – La Vio ‘d la Mounto
Viroulh era anche denominata Vio ‘d la Mounto
in quanto utilizzata fino agli anni ’60 per la transumanza, per
recarsi agli insediamenti estivi di Bounét, Adrèts, Sanhére,
Bigorie e alle alpi pascolive di Tartaréo.
Si parte in prossimità del forno della borgata Ruét
(Ruetto), costruito nel 1930 dalle famiglie Pessi e Manìnou. Nei
primi decenni del 1900 vivevano in questa borgata 9 famiglie (50
persone circa), ma a poco a poco, come tante altre borgate di
montagna, subì progressivamente lo spopolamento: nel 1975 i
residenti effettivi erano 9, mentre attualmente è disabitata per la
maggior parte dell’anno.
Dopo i primi passi si attraversa il rio Daina da cui traevano
origine le bealere che alimentavano la vicina borgata San
Ghilherme; dopo circa 20’ ci si trova di fronte ad un bivio: si
possono imboccare ambedue i sentieri, in quanto riconducono poi allo
stesso punto.
5. La Vio ‘d lei Béoule
Partenza: meire Vigorie
Tempo di percorrenza: 2h circa
Veniva così denominata la strada che dalle Bigorie conduce al
rio Bulé e da lì alla borgata Narlonc. Questo collegamento
venne utilizzato fino agli anni ’60, quando gli agglomerati più a
valle erano abitati e non esisteva ancora la carrozzabile.
Si parte dalle Bigorie, in prossimità del pilone dedicato a San
Giovanni Battista costruito nel 1990. Il luogo, denominato
Briquét in probabile virtù della sua posizione emergente, è
stato fino agli anni ’50 il punto di incontro convenuto da quanti si
dedicavano alla vendita delle viole raccolte sulle alture
circostanti. Le donne oncinesi, con il loro raccolto di viole
depositate in sacchi di iuta, attendevano qui l’arrivo
dell’acquirente che, concluso l’affare, caricava sul dorso del mulo
i preziosi e profumatissimi carichi per il trasporto a valle.
Si inizia la discesa in direzione nord imboccando la via lungo la
quale, per il primo tratto fino agli anni ’40 scorreva la
bialhéro del Chò ‘d la Bello utilizzata per alimentare
le famiglie quassù dimoranti nella stagione estiva. Dopo l’ultimo
gruppetto di case che segna la fine delle meire Bigorie, il sentiero
aumenta la pendenza e attraversa il primo tratto di bosco denominato
Carousin fra faggi, frassini, aceri, maggiociondoli, sorbi,
ma soprattutto béoule (betulle). Potrebbe essere questa
particolare presenza vegetativa che ha dato il nome all’omonima via.
Dopo pochi minuti di cammino si raggiunge un piccolo agglomerato di
case ora diroccate, con un pianoro circostante denominato Chot
‘d Ricchou (soprannome di un proprietario). Siamo sullo
spartiacque che affiora tra i due torrenti Cervetto e Bulé
(rispettivamente alla destra e alla sinistra orografica),
all’altitudine di m. 1472 s.l.m. Dopo un tratto di ripida discesa si
svolta a sinistra in direzione est e alzando lo sguardo, nelle
stagioni autunnale, primaverile o invernale, si nota il Piloun
‘d la Crou ‘d Narlonc con alle spalle il Monviso. Si giunge
quindi in prossimità del Bulé che si attraversa con prudenza su
alcuni tronchi allineati nei pressi del grande masso denominato
Rotsso dë la Piantso. Si prosegue sul tracciato che, da questo
punto in poi, prende il nome anche di Vio ‘d lei Cazotte.
Salendo in diagonale al pendio, in direzione nord, dopo aver
attraversato appezzamenti di terreno curati fino agli anni ’50 nei
minimi particolari, si giunge a Narlonc, borgata disposta
in cresta allo spartiacque ad un’altitudine di 1377 m. s.l.m., che
ospitava fino alla prima metà del 1900 ben 17 famiglie. Questa
borgata molto probabilmente era capoluogo prima dell’attuale
capoluogo di Oncino (Vilo) che lo divenne solo dopo il Marchesato di
Saluzzo.
Si lascia la borgata e senza proseguire sulla strada sterrata
s’imbocca la via che, percorrendo in discesa la cresta, si dirige
verso altri insediamenti. Intanto si può godere di buona vista sul
fondovalle e su numerose altre borgate di Oncino. Si giunge quindi a
Cò di Sere (i cui abitanti avevano cognome Serre): da ciò
si suppone derivi il nome della borgata.
Si riprende la discesa per raggiungere la strada carrozzabile
sterrata che conduce, svoltando a sinistra, al vecchio mulino
denominato lou Moulin dal Parcou. Si tratta di un tipico
mulino ad acqua attivo fino al 1961, gestito da Pietro Allisio (Pietrou
dal Parcou) che nel 1932/33 sostituì la vecchia ruota in legno
con una in ferro, il cui movimento veniva indotto dall’acqua
prelevata dal rio Bulé, in prossimità del Pont dal Gà (a
monte delle Bigorie) attraverso un canale denominato la bialhéro
dal moulin. Si segue ora la carrozzabile in direzione nord
passando davanti al Piloùn dë lei Bialheirà, il pilone
votivo costruito nel 1905 e dedicato alla Madonna Addolorata. Lo
stesso è tuttora meta delle annuali processioni che precedono alcune
feste religiose. Dopo il pilone si svolta subito a sinistra in
direzione sud (in leggera salita), per imboccare la Vio ‘d
Narlonc, sentiero ombreggiato da piante di alto fusto disposte
sui bordi della vio quasi a formare un viale. Il sentiero, più in
salita, abbandona le curve e obbliga il passaggio davanti al primo
pilone votivo dedicato alla Madonna. Dopo un breve tratto, lasciando
sulla destra anche il secondo pilone, dedicato a San Giuseppe (con
all’interno la statua del santo) e costruito da Allisio Giuseppe (Bigat)
nell’anno 1903, si giunge a Bigat. Proseguendo sul sentiero
leggermente in discesa, si nota a sinistra, oltre la vegetazione,
l’agglomerato Cò di Sere oltrepassato poco prima. Ci
s’imbatte quindi in un terzo pilone con all’interno la statua della
Madonna fatto costruire da Aimar Andrea (Baròt).
Oltrepassate le case si presenta un pianoro, lhi Chòt,
attraversando il quale si notano a destra, sopra la strada
carrozzabile, due agglomerati: Pëtòou e Canavoù.
Seguendo la strada sterrata carrozzabile, per il tratto la Meiro
– Narlonc tracciata sul vecchio sentiero, si valica la
Bialhéro dal Moulin e si ritorna a Narlonc. Qui, senza
più entrare nella borgata, s’imbocca sulla destra la ripida via
(tratto denominato la Rabiéro) che prosegue in direzione
ovest. Caratteristico l’affresco di San Martino datato 1888, che si
può osservare salendo, dipinto sul muro di una casa sulla sinistra.
La salita si fa più marcata nei pressi dell’ultima casa della
borgata chiamata la Meizoun dal Bullou; poco oltre
incomincia ad allargarsi la vista sulla cresta del Viso. Si esce
così allo scoperto dalla vegetazione per giungere alla Croù ‘d
Narlonc, luogo riconoscibile per la presenza di un pilone che
presenta tre facciate raffiguranti, quella centrale la Sacra
Famiglia, San Bernardo e Sant’Antonio le altre due. Questo era il
luogo in cui parte degli abitanti delle borgate a valle si
trasferivano per trascorrere l’estate con il loro bestiame,
occupando le meire circostanti. Proseguendo si raggiungono
così le Bigouriëtte immettendosi sulla strada carrozzabile.
Valicato infine il Bulé si raggiunge il pianoro chiamato Chò ‘d
la Bello, dove si trova la fontana e si ritorna così al punto
di partenza.
6. La Vio n’d la Vaçouzo
Partenza: meire Bigorie
Tempo di percorrenza: 1h30’ (andata e ritorno)
Veniva così denominato il tratto che collega le Bigorie con le
Meire di Piairi attraversando il Chò ‘d la Vaçouzo,
un pianoro che conserva tuttora le sue caratteristiche di pascolo
seppur contornato dal bosco. Partendo dalle Bigorie appunto, si
valica il rio Cervetto passando sulla piantso ‘d Tsarvét
(posizionata pressappoco all’altezza della struttura per lo sci di
fondo) e ci si avvia in direzione nord-est fino ad attraversare il
Chò ‘d Tsarvét. Il sentiero, segnato da tacche rosse sulle
pietre, prosegue in quello che adesso si presenta come bosco, ma che
fino a 40 anni fa era completamente pascolo. Dopo circa 10 min. si
raggiunge la Meizoun dë Bénédét e si continua ai piedi
della Casso dë lh’Aiçëré dove un tempo non si riscontravano
arbusti e alberi di alto fusto, ma solamente aiçe
(mirtilli) e rateizin (rododendri).
Continuando su questo saliscendi che si sviluppa parallelamente al
rio Cervetto, si incrocia il percorso della bialhéro che
prelevava l’acqua dal rio Cervetto in prossimità di Rotsso
Schapà, per alimentare le Meire di Tamparot e le
Meire di Piairi. Da questo punto in poi la vio ricalca
appunto la suddetta bialhéro. Quando si giunge allo
scoperto della vegetazione si attraversa il Chò dë la Vaçouzo
(pianoro che ha dato il nome alla via).
Dopo circa 50 min. dalla partenza, si notano alla sinistra alcuni
ruderi: sono le Meire Tamparot, insediamenti estivi che
ospitavano gli abitanti del Serre con i loro armenti. Quindi si
raggiungono le Meire di Piairi.
7. DA ONCINO ALLE CASE DACANT, ALLA CROCE BULE’ ED AL RIFUGIO ALPETTO
Partenza: Oncino
Tempo di percorrenza: 3h45’
Da Oncino (mt. 1220) ci si porta alla b.ta Rietto (mt. 1280 –
km 1,3) sulla strada delle meire Bigorie, quindi si sale verso
destra con la ripida stretta strada che tocca la casa Lunga (mt.
1340) e con tornanti nel bosco va alla Barma Fredda (mt. 1533)
terminando alle case Dacant (mt. 1641, 1h10’ da Ruetto, 1h30’ da
Oncino). Tutta questa parte dell’itinerario può essere compiuta con
idoneo automezzo. A monte degli edifici si rintraccia l’ampia
mulattiera (tacche bianco-rosse del segnavia GTA) che si eleva lungo
la cresta del crinale sin verso quota mt. 1750 per tagliare poi con
un traversone sulla destra che raggiunge Croce Bulè (mt. 1811, 0h30’
dalle case Dacant) e la sella attraverso la quale ci si affaccia sul
vallone percorso dall’omonimo rio Bulè. Oltrepassata la sella, il
sentiero subito si sdoppia: si trascura il ramo di sinistra (che
porta al Colle di Luca) per seguire il minore sentiero che taglia
pressoché pianeggiante le ripide pendici del rilievo quotato mt.
1879 ed esce verso ponente, in una ventina di minuti, su una nuova
ed ampia insellatura (mt. 1850). Proseguendo lungo il sentiero, ci
si avvicina al guado del rio Alpetto predisposto presso uno dei
grandi massi ai piedi della cascata. Al di là del guado, abbondanti
tacche rosse guidano lungo una traccia che volge a destra. Poco dopo
riappare il sentiero che inizia una serie di tornanti sul ripido
pendio mentre lentamente volge verso sinistra con un ampio
semicerchio portandosi alla case delle rocche che formano il gruppo
dell’Alpetto. Si prosegue sulla sinistra alla base delle pareti
rocciose, per un breve tratto in leggera discesa, quindi si riprende
la salita volgendo decisamente a sud. Il sentiero tocca il bordo
della forra e riprende a salire con erti tornanti in un verde
pallonetto tra ripidi affioramenti rocciosi. A destra incombe una
parete tagliata, a sinistra altri denti rocciosi sembrano impedire
il passo che invece procede spedito sino a quota mt. 2160 quando il
sentiero esce sulla sinistra affacciandosi ad una splendida conca
verde, al cospetto della vetta del Monviso. Dopo pochi minuti il
sentiero transita presso la copiosa Fonte degli Usseri e si eleva
quindi su un risalto dove si unisce ad un altro sentiero che scende
da destra. Poco dopo si scavalca il rio Alpetto su un ponticello di
nere lose e piegando bruscamente a sinistra si sale sul rilievo che
ospita le antiche case dell’Alpetto (mt. 2268, 2h20’ dalle case
Dacant, 3h45’ da Oncino). L’ultimo edificio costituisce il ricovero
dell’Alpetto […].
Quest’ultimo testo è tratto da Centosentieri – La Valle Po,
edizioni L’Arciere (1981)